Un Borges nature, senza veli

di Diego Gabutti – Italia Oggi – 14 Ottobre 2025

Non è il libro su Borges che un borgesiano incallito s´aspetta. È un libro su Borges in pantofole (in pantofole, ma per il resto sempre completamente vestito, mai un accenno d´intimità, via la giacca, giù i pantaloni, con qualche señorita). È un Borges inedito, finora appena intravisto, che non manca, intendiamoci, di fare il cascamorto, per esempio con l´autrice di questo memoir, Estela Canto, alla quale dedica L´Aleph, che con Tlön, Uqbar, Orbis Tertius è il suo racconto più bello, o per meglio dire il più borgesiano, il più fascinoso e inquietante (nell´Aleph un punto d´osservazione affacciato sull´intera estensione del tempo e dello spazio, in Tlön, Uqbar un mondo fittizio che si sostituisce a quello reale). Borges sotto trauma psicologico Cascamorto, come tutti, ma sotto trauma psicologico permanente per essere stato scortato, racconta Canto, dal padre letterato (ma argentino per metà, perciò machista convinto) in un bordello di Ginevra, dove sui vent´anni Borges non ha dato, per l´imbarazzo, grande prova di sé, cosa che a Buenos Aires, anche nelle classi alte e di mentalità più aperta, è motivo di vergogna e non viene perdonata a nessuno. «Seduto a cavalcioni su una panchina del parco», come Kim sul fusto del cannone nel romanzo di Kipling, autore che gli è caro, Borges chiede Estela in matrimonio, ma lei pretende una prova prenuziale d´amore (come in non so quale commedia di George Bernard Shaw, autore prediletto per ragioni diverse da entrambi) e qui l´affare si complica. Borges continua a parlare di matrimonio, ma niente prove d´amore, prego, roba da romanzo rosa (e per lui lo sono tutti, da Tolstoj e Thomas Mann in giù, autori che del resto non ha mai letto per intero, è noto infatti che detesta i romanzi, personaggi a non finire, troppi fatti della vita, plot barbosi e troppe parole). Quell´idillio che decanta e svapora Così, a poco a poco, l´idillio con la bella Estela, di quindici anni più giovane di lui, decanta e svapora. Solita morale: l´amour s´enfuit, l´amore fugge. Anche perché mamma Borges, l´autoritaria e un po´ crudele Leonor Acevedo, alla quale lui telefona ogni mezz´ora per comunicarle in dettaglio i suoi spostamenti quand´è in giro per Buenos Aires, disapprova che Borges frequenti cattive compagnie, e ogni femmina, ai suoi occhi, lo è per definizione, tant´è che, quando Estela è ospite a casa Borges, Leonor non li lascia soli un istante, vedi mai che il piccolo «Georgie» non voglia ripetere lì sul divano l´esperimento fallito a Ginevra decenni prima. Non è insomma il Borges cieco e dotto degli anni della fama universale né l´inventore d´un genere letterario senza nome, oltre che senza precedenti e senza eredi (L´Aleph e Finzioni stanno alla storia della letteratura come lo sbarco sulla Luna alla storia delle esplorazioni). Qui, ritratto nelle pagine di Estela Canto, dove è messo (diciamolo) anche un po´ in burletta, Borges non è l´Omero reincarnato che (diciamo anche questo) lui crede, non a torto, di essere. È un frequentatore di serate letterarie, un habitué di bar e ristoranti alla moda, un passeggiatore inesausto nelle strade sia eleganti sia malfamate della capitale argentina. Veste senza ricercatezza, si diletta con le citazioni, parla di cinema, chiama «coraggio» (e lo ammira) l´istinto criminale dei guapos svelti di coltello («i delinquenti erano l´unica classe sociale inferiore che accettava»). Finge amore per Brahms, ma ha orecchie soltanto per il tango Finge che gli piaccia Brahms per compiacere gli amici snob ma in realtà ha orecchio soltanto per tanghi e milonghe, in particolare quelli più «canaglieschi». Le donne di cui s´innamora appaiono discretamente in forma d´iniziali nella dedica delle sue poesie. Traduce i poeti inglesi a braccio. Prende «il peronismo come un´offesa personale» (i due Perón, «la fata bionda» e il generalone, trafficano con i sottoproletari, irridono i conservatori come lui, e una volta la polizia fascista arresta sua madre, che sta inveendo in pubblico contro il regime). Impugna invariabilmente il bastone che in vecchiaia, trenta-quaranta-cinquant´anni dopo, sarà parte integrante del suo costume di scena, come la maschera da pipistrello di Batman o i baffi disegnati col lucido da scarpe di Groucho Marx. Ama Dante e Swedenborg, viaggiatori ultraterreni entrambi (fatte, s´intende, le debite proporzioni). Si sposa una prima volta, non consuma il matrimonio e divorzia nel giro di soli tre anni, praticamente in un lampo (andrà meglio col secondo matrimonio, molti anni dopo). Racconta che «finalmente è riuscito ad avere dei rapporti sessuali completi con una donna: una ballerina molto bella», ma forse guapa, di un´altra classe sociale. «Rifiuta i fatti, s´interessa solo ai simboli». Ed è «per colpa delle sue dichiarazioni e della sua posizione personale nei confronti delle tirannie [sudamericane] (quando non sono la peronista e la stalinista) che il Premio Nobel gli sfugge di mano». Estela Canto non gliene fa passare una Non è un uomo perfetto, non si stanca di far notare Estela, che (diciamo anche questa, poi bon) praticamente non parla d´altro: di com´è brava ed empatica lei, di come lui è imperfetto e sottomesso a mammà. Canto non gliene passa una: «I tre sentimenti che creano l´inferno – la gelosia, la paura e la vergogna – esistevano dentro di lui e non soltanto ne era affetto ma li suscitava negli altri. Era un uomo in catene e trasmetteva questa mancanza di libertà agli altri». Ma ok, va bene così. «In controluce» può capitare di non offrire il profilo migliore (ma quello segreto e più complesso) alla fotocamera dello smartphone. Timido, impacciato, impara a tenere conferenze grazie, dice Canto, a un trattamento psicoanalitico, che potrebbe sgombrare – almeno secondo il suo strizzacervelli – la psiche di Borges anche dalle macerie del bordello ginevrino se soltanto si decidesse a rinnovare il test (Estela, che per un po´ è la sua fidanzata ufficiale, sarebbe anche disposta, ma lui solo dopo le nozze, come in uno di quei romanzi che detesta, troppo lunghi e troppo sentimentali, troppo intricati). La gente lo vedeva con la venerazione che ispira un saggio Nelle conferenze, cui si sarebbe dedicato per tutta la vita, «la gente non lo vedeva come un grande scrittore – scrive Canto – ma con la venerazione che ispira un saggio. Era la rievocazione d´una situazione religiosa, l´antico e dimenticato sentimento che esiste tra un bardo e il suo pubblico. La gente non andava a una conferenza, andava a messa». Quanto a lui, parlando «di Lawrence d´Arabia o d´Eraclito parla [sempre e soltanto] di se stesso». È quel che pensa Canto di tutta la sua opera. Non fredde geometrie di storie sospese tra poesia, avventura, filosofia, mito e religione («era attratto dalle eresie nel cristianesimo, non dal cristianesimo in sé») ma finestre di Magritte: oltre le persiane abbassate la sua anima, intorno un cielo terso e vuoto, una mela o una bombetta in primo piano. 


Borges in controluce

21,00 

Una notte d’estate, dopo una serata passata a casa di Silvina Ocampo e Adolfo Bioy Casares, Estela Canto si trova a camminare verso casa attraverso Buenos Aires in compagnia di Jorge Luis Borges. I due entrano in un bar, lui ordina un bicchiere di latte, lei gli parla della sua ammirazione per Bernard Shaw. Borges non tarda a innamorarsi della giovane donna, che ha «Il sorriso della Gioconda e i movimenti di un cavallino degli scacchi». Da questo primo incontro nacque la relazione, che durò fino alla fine delle loro vite, tra la talentuosa, colta e attraente scrittrice e Borges, che all’epoca non è ancora il celebre scrittore, ma per gli intimi solamente Georgie. Ed è così che ce lo restituisce Estela Canto in questo saggio intimo e personale, dalla storia della genesi de L’Aleph, opera che lui le dedicò, alle sedute di psicanalisi di Borges con il dottor Cohen-Miller, a cui lei partecipò, alle lettere appassionate che lui le scrisse mentre stavano insieme, alla loro storia, tra gli scontri, i malintesi e le riappacificazioni comuni alle grandi relazioni. Opera controversa che divise la critica nel 1989 quando uscì per la prima volta in Spagna, Borges in controluce è considerato oggi come uno dei migliori libri scritti su Borges. «Parlo di Borges quando era in vita, dell’uomo che ho conosciuto», scrive Estela Canto in questo ritratto inedito, a tratti tagliente, sempre appassionante. L’intelligenza di Estela Canto sta nel cogliere le sottili sfumature psicologiche dell’uomo in un dialogo preciso con la sua opera, sempre sincero e fedele alla realtà perché «Borges non si merita nulla di meno». Parte memoir, parte saggio, parte biografia, questo libro rivela i tratti dell’essere umano che si cela dietro uno dei più grandi scrittori del nostro tempo.


Traduzione e prologo di Francesca Coppola

Prefazione di Bruno Arpaia

Pagine: 256


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Italia Oggi – Diego Gabutti


 

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