Céline amico mio. Cronache di baldorie geniali

di Emanuele Trevi – “La Lettura” Corriere della Sera – 01 Giugno 2025

Tradurre una materia come l`amicizia, pur così significativa dal punto di vista psicologico e affettivo, in una forma narrativa credibile è molto complicato e avventuroso. Non voglio affermare che le storie d`amore siano più «facili» da scrivere, ma i loro fondali, per chiamarli in qualche modo, sono sempre ricchi di fatalità, di bisogni ancestrali, di archetipi perenni. Anche a distanza di secoli, e con tutte le rivoluzioni del sentimento e dei costumi, nelle storie d`amore si manifestano insomma aspetti dell`esistere immediatamente riconoscibili, capaci di attivare nel lettore i complessi meccanismi della proiezione e dell`identificazione. Nell`amicizia, al contrario, sembrano agire forze più opinabili e meno consistenti, prime fra tutte la casualità e la gratuità, che rendono difficile il proposito di conferire all`esperienza un adeguato collante estetico, una forza centripeta capace di trascendere la dimensione della testimonianza e del documento, come pure avviene in libri indimenticabili come Sonecka di Marina Cvetaeva, o Mio sodalizio con De Pisis di Giovanni Comisso, o ancora Un anno con Thomas Bernhard di Karl Ignaz Hennetmair e Ravelstein di Saul Bellow. Rientrano di diritto in questa costellazione di capolavori amicali, in bilico tra il ritratto e la confessione, il diario e la divagazione, i due libri che Henri Mahé ha dedicato al più scomodo, bilioso, sulfureo degli amici possibili, ovvero Louis-Ferdinand Céline. Il primo, pubblicato nel 1969 e scritto nel biennio precedente, ha un titolo davvero intraducibile, che ci introduce direttamente in quel clima di oralità congestionata e visionaria che solo per comodità e approssimazione definiamo argot. La brinquebale (come precisa una nota degli stessi traduttori italiani) è un «moto oscillatorio brusco e irregolare»; come specifica Massimo Raffaeli nella sua utilissima introduzione a questa edizione italiana, la parola «corrisponde in contemporanea sia all`atto del sobbalzare, dello scuotere e dell`agitare sia dell`andare a zonzo o del gironzolare». Raffaeli ri- chiama a questo proposito il fantasma illustre del fletneur di Walter Benjamin, che si aggira per Parigi seguendo le orme ideali di Charles Baudelaire: «Colui che conosce la città, e di riflesso il senso della sua stessa esistenza, soltanto frammentariamente e casualmente battendone i marciapiedi, assecondandone l`effetto di deriva». Ma nella fletnerie teorizzata dal grande filosofo tedesco prepondera un elemento riflessivo e malinconico, mentre nella brinquebale sembra evidente un aspetto decisamente dionisiaco, legato all`ebbrezza, all`erotismo e a una programmatica irrazionalità capace di ignorare e sovvertire tutti i saggi consigli dell`etica borghese e del buonsenso. Alla Brinquebale seguì un altro libro di memorie e lettere inedite del grande scrittore, La Genesi con Céline, composto tra i11970 e 111975, che non è altro che la continuazione del primo: Mahé organizza il suo materiale riproducendo in corsivo lettere, biglietti e cartoline di Céline, e cogliendo ogni minimo pretesto e ogni allusione (incomprensibile a chiunque altro) per abbandonarsi alle sue imprevedibili divagazioni, che sono come una lunga cronaca corale degli anni Trenta e del disastro dell`occupazione nazista della Francia e della guerra. Più giovane di Céline (che era de11894) di oltre quindici anni, Mahé è stato un pittore di talento, un seguace di Maurice Utrillo e Toulouse-Lautrec, ma specializzato in affreschi decorativi di locali notturni, cinema e bordelli. Alla fine della sua vita non lunghissima, si lasciò dietro qualcosa come 1.5oo metri quadrati di pareti dipinte. Collaborò a vari film di Abel Gance e inventò un ingegnoso procedimento per riprendere attori veri sullo sfondo di scenografie non più grandi di cartoline. Grande navigatore di origine bretone, all`inizio degli anni Trenta Mahé viveva in una chiatta ormeggiata sulle sponde della Senna nel cuore di Parigi, la Malamoa, diventata un luogo d`incontro e soprattutto di baldoria per un`umanità che più equivoca non si potrebbe, tra artisti, delinquenti incalliti, attrici e ballerine in cerca di ingaggi e semplici beoni. Quando il dottor Destouches, in procinto di diventare Céline firmando il suo primo capolavoro, e Mahé si conoscono, siamo agli inizi degli anni Trenta. Il medico-scrittore vive a rue Lepic, quella strada che serpeggia fino in cima alla collina di Montmartre, e ogni giorno raggiunge il suo ambulatorio a Clichy, «il cuore malato di una città mezza barbona e mezza operaia». Lì dentro, ricorda Mahé, come nel «calderone della Strega», fermenta «un assatanato brodo di coltura, e il dottor Destouches se lo schiuma ogni sera nel corso delle sue visite». Quasi ogni sera, l`amico più giovane passa a prendere il medico (che arrotonda il magro stipendio inventando rimedi farmaceutici) alla fine del lavoro, per ricominciare la loro brinquebale, si direbbe, dal punto in cui l`avevano interrotta alla fine della notte precedente. L`ambulatorio e la chiatta sono come i due poli di una geografia talmente gremita di presenze che a volte, leggendo, si prova l`inebriante sensazione di seguire i due amici nei loro vagabondaggi, spesso perdendoli in una folla di apparizioni momentanee e di semplici comparse. Ma non si tratta di abitudini e di aneddoti come ne producono tutte le esistenze. L`esposizione integrale all`umano, con tutto il suo garbuglio indistricabile di dolore e desiderio, è proprio ciò che potremmo definire il metodo che permette a Céline il suo inimitabile scandaglio nei giacimenti più oscuri e innominabili dell`esistenza. Ma questa materia non è solo l`argomento di un brutale realismo, considerabile in astratto, perché l`essenza, la materia prima del mondo di Céline è la voce, quella voce che la scrittura non cessa di riprodurre nel gioco inesauribile delle sue inflessioni, dei suoi contorcimenti, dei suoi improvvisi squarci visionari. È questa specie di melodia nascosta nel lamento del mondo, questa «piccola musica» che Céline inseguirà per trent`anni, dal Viaggio al termine della notte a Rigodon, l`ultimo romanzo, dedicato «agli animali» e terminato il giorno stesso della morte improvvisa, 111° luglio del 1961 (le ultime parole del libro, e dunque dell`intera opera, incorniciate dai proverbiali puntini di sospensione, sono que plus rien existe, «che più niente esiste»). Non bisogna chiedere a Mahé (che pure illustrò una preziosa edizione del Viaggio) particolari illuminazioni critiche riguardo al genio del suo grande amico, ma i suoi libri contengono un`informazione ancora più preziosa sulla loro genesi, perché ci introducono direttamente, senza informazioni preventive, in quel clima di oralità, di perpetuo scambio linguistico, che è la premessa fondamentale dell`arte di Céline, che non è solo una maniera di esprimersi, ma un`arte
dell`ascolto superbamente raffinata (da questo punto di vista, l`orecchio più simile a quello dell`autore di Morte a credito è quella del nostro Carlo Emilio Gadda). Quanto a Mahé, di Céline approva tutto, ma su tutto, come sanno fare solo i veri amici, è capace di fare dell`ironia. Del resto, più di una volta Céline gli ha ripetuto la verità: mentre lui vive nella tragedia, Mahé vive nella commedia. E non è forse questo un legame molto più fecondo e vincolante di quello che si crea tra due spiriti troppo simili, entrambi inclini al tragico, o al comico ? Rimane, incrollabile, l`ammirazione, che suggerisce a Mahé di appropriarsi del bellissimo ritratto in versi, citato in epigrafe, che Baudelaire scrisse per il grande Honoré Daumier: «E un satirico, un beffardo;/ ma l`energia con la quale/ dipinge il Male e il suo corteo/ dimostra la bellezza del suo cuore».
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La Brinquebale

32,00 

Brinquebaler in francese è il traballare, il barcollare, il passeggio dinoccolato di due amici per le vie della Parigi degli anni ’30 e le vicissitudini di due vite movimentate, intensamente vissute, segnate dalla guerra e, nel caso del dottor Destouches, dai tremendi anni del carcere e dell’esilio. La Brinquebale è insieme una raffinata, divertente e mai scontata opera letteraria del pittore e decoratore bretone Henri Mahé (suoi fra l’altro gli affreschi del Moulin Rouge e del Grand Rex), e una profonda, a tratti commovente, testimonianza sulla vita di Louis-Ferdinand Céline, attraverso le numerose lettere che negli anni segnarono il loro legame. Lettere e cartoline riprodotte nel corso della narrazione, ma anche testimonianze accorate di Céline raccolte in appendice all’opera. Come nota nella prefazione Massimo Raffaeli: «Mahé scrive in retrospettiva, quando il suo amico è morto da anni (il manoscritto reca infatti nell’expli­cit la data del biennio “1967-1968”) e la parola brinquebale iscritta nel titolo è talmente polisemica da essere, in sé, intra­ducibile perché corrisponde in contemporanea sia all’atto del sobbalzare, dello scuotere e dell’agitare sia a quello dell’andare a zonzo o del gironzolare senza mercé: è il vagabondaggio negli inferi della modernità che Walter Benjamin (filosofo di Parigi e dei suoi passages) aveva individuato nella poesia di Baudelai­re e nella paradossale procedura del flâneur, colui che conosce la città, e di riflesso il senso della sua stessa esistenza, soltanto frammentariamente e casualmente battendone i marciapiedi, assecondandone l’effetto di deriva. Mahé, prima che raccontare, o meno che mai giudicare Céli­ne, ne incorpora le parole, gli scritti e specialmente le lettere a lui indirizzate. Il tono non è tanto di apologia (c’è anche quella ma come fosse un gesto primordiale e integrale di accettazione dell’altro), quanto di testimonianza di una fedeltà mai smentita e di una esplicita complicità con il compagno di strada».


Traduzione di Michele Zaffarano e Marco Settimini

Prefazione di Massimo Raffaeli

Pagine: 560


Recensioni:

“La Lettura” Corriere della sera – Emanuele Trevi

“Robinson” La Repubblica – Daria Galateria

Il Foglio – Matteo Moca


 

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