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La vita di Arsen’ev

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Scritta nel corso di 12 anni, la vita di Arsen’ev è un romanzo centrale fra le opere di Ivan Bunin, primo scrittore russo ad essere premiato col Nobel nel 1933. Racconto autobiografico della sua giovinezza in una Russia non ancora sconvolta dalla rivoluzione, la vita di Arsen’ev evoca le atmosfere e le tradizioni del tempo perduto, con lo sguardo nostalgico dell’emigrato che non tornerà mai più nella terra natia. Ricorrendo ad una prosa venata di lirismo Bunin accompagna il lettore attraverso le tappe della sua vita. L’idealismo e le grandi passioni di un’anima, narrate attraverso uno sguardo sempre attento alla natura e agli uomini, fanno del romanzo di Bunin un intramontabile classico della letteratura russa del Novecento.


Introduzione di Andrea Tarabbia
Traduzione di Ettore Lo Gatto

Pagine: 336

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Ivan Bunin

Nato a Voronež nel 1870, esordì come poeta. Dopo aver pubblicato diverse raccolte poetiche e di racconti, fu insignito nel 1903 del premio Puškin. In seguito alla rivoluzione bolscevica abbandonerà Mosca per trasferirsi definitivamente a Parigi nel 1919, dove diventa un rappresentante di spicco della letteratura dell’emigrazione. Nel 1933 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. Fino alla sua morte, nel 1953, Bunin non tornò mai più in patria, e solo con la destalinizzazione le sue opere del periodo rivoluzionario vennero ripubblicate in Russia a partire dal 1955.

Descrizione

“La vita di Arsen’ev è una sinfonia di percezioni che procede maestosa, larga e interminabile come la terra che il suo protagonista attraversa. Non c’è una vera e propria storia – non cercate un arco narrativo, uno sviluppo: in queste sue memorie, Arsen’ev inanella un certo numero di episodi significativi, ma significativi più per ciò che vi ha percepito o imparato che per gli avvenimenti in sé, e li mette in ordine cronologico, intervallandoli con riflessioni sui grandi temi buniniani – la natura, l’amore, la morte, la Russia perduta e il suo spirito “autentico” e verace. Aggiungete a tutto questo una lingua in festa, che sa cogliere i particolari e restituirli in modo vivido, e avete la Vita di Arsen’ev. Lo scrittore, per Bunin, non è un narratore, un raccontatore di storie: è un osservatore. Di cose, sentimenti, comportamenti. Egli si mette a scrivere quando gli sembra d’aver colto un particolare che ad altri è sfuggito: per esempio, che i bordi delle nuvole sono lilla. In un brevissimo racconto del 1924, intitolato Libro, scrive: «Ma perché inventare? Perché le eroine e gli eroi? Perché proprio il romanzo, la novella, il racconto con l’intreccio e la catastrofe, secondo un dato e convenuto modello?» Scrivere vuol dire fermarsi, intingere il pennino e continuamente domandarsi, come fa Arsen’ev: «che cosa è mai la mia vita in questo incomprensibile, eterno e immenso mondo che mi circonda, nella sconfinatezza del passato e del futuro (…) circoscritta da un limite di tempo e di spazio dato a me personalmente? (…) è un succedersi di giorni e di notti, di opere e di riposo, di incontri e di conversazioni, di piaceri e dispiaceri che talvolta chiamiamo avvenimenti; è un disordinato accumularsi di impressioni, quadri e immagini…»
e così via, fino all’ultima, cruciale domanda: perché? Qual è il senso di tutto questo? Arsen’ev, nelle pagine che seguono, se lo domanda più di una volta. E, prima di lui e con lui, se l’è domandato per tutta la sua lunga, tribolata vita, anche Ivan Bunin.”

(dalla Prefazione di Andrea Tarabbia)

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