Il fallimento siberiano dell’ammiraglio degli zar
di Cesare Martinetti – “Tuttolibri” La Stampa – 21 Dicembre 2024
È la storia di un fallito, l´ammiraglio Aleksandr Vasilevic Kolcak, brillante comandante della flotta imperiale russa del Mar Nero nel corso della prima guerra mondiale, ma poi incerto e inadeguato “dittatore” dell´Armata Bianca durante la guerra civile. Onesto e cavalleresco, un donchisciotte abituato a comandare sul mare, incapace di dirigere un esercito sulla terraferma, abile stratega convenzionale, confuso combattente nella mischia della Russia post 1917. L´uomo ispirava fedeltà e stima, il capo supremo (Verchovnyi Pravitel) disprezzo e odio, l´eterna reincarnazione di Jekyll e Hyde. È la storia di un fallimento, quello degli occidentali (britannici, francesi, americani) che mandano le truppe in Siberia a sostegno dei Bianchi senza riuscire a venire a capo di un conflitto che non capiscono e che alla fine perdono, smarriti, disuniti, inadeguati alla sfida di una rivoluzione che avrebbe marcato il Novecento per oltre settant´anni. Ma questo originale libro è anche la riscoperta di Peter Fleming (1907-1971), fratello maggiore del più noto Ian, inventore di James Bond, l´agente 007. Giornalista prima allo Spectator , poi al Times , combattente nel corpo dei granatieri in diversi scenari della Seconda Guerra mondiale, in particolare nel sud-est asiatico. Scrittore di viaggi e di avventure attraverso Russia, Cina, Tibet, Africa. Il suo libro più famoso è Brazilian Adventure , un´esplorazione della giungla amazzonica alla ricerca del colonnello Percy Fawcett. La casa editrice Medhelan (nome celtico di Milano), nata nel 2020 dall´idea di un gruppo di amici, professionisti in ambiti diversi, che curano l´orientamento editoriale, il catalogo e la veste grafica, inizialmente con il marchio Settecolori, manda ora in libreria Il destino dell´ammiraglio Kolcak (uscito nel 1963, The fate of admiral Kolchak ) tradotto da Fabrizio Bagatti. Fleming si rivela reporter e storico militare. L´interesse per questa storia gli era nato nel corso di un viaggio in Transiberiana, nei primi anni Trenta, quando la memoria degli avvenimenti era ancora fresca e ovviamente dolorosa, a cominciare da Irkutsk, una delle “capitali” della Siberia, a oltre 5 mila chilometri da Mosca, dove l´ammiraglio Kolcak fu fatto prigioniero e fucilato dai bolscevichi nel 1920. Un pezzo di storia che nell´accurata ricostruzione di Fleming non manca di misteri insoluti, tra i quali la bestiale esecuzione dello zar Nicola II con la famiglia imperiale a Ekaterinburg nel luglio del 1918 e il destino delle riserve auree in lingotti d´oro. Al centro la figura centrale dell´ammiraglio Kolcak, di cui tutti, russi bianchi, e stranieri in generale, parlavano quasi sempre con rispetto e ammirazione. Perché, allora, aveva fallito così clamorosamente? Soprattutto, qual era la vera storia della sua fine? Era stato “tradito”? Lo scenario è quello dell´Europa nella guerra 1914-18 e nel confronto con lo choc dell´ottobre. Lenin e Trotsky devono ritirarsi dal conflitto per dedicarsi al consolidamento della rivoluzione e chiedono trattative di pace. Ma gli Alleati (Francia e Inghilterra) non accettano e decidono di finanziare tutti i gruppi nazionalisti sparsi nella Russia meridionale, in particolare i cosacchi, per continuare la guerra e tenere vivo il fronte orientale lasciato dalla Germania che invece aveva firmato la pace con i sovietici a Brest-Litovsk. In quei giorni fatali arriva al Foreign Office via Tokyo un messaggio da parte dell´ex comandante della flotta russa del Mar Nero, l´ammiraglio Kolcak, che offre i suoi servigi mettendosi «incondizionatamente e a qualsiasi titolo a disposizione del governo di Sua Maestà… disponibile a combattere, se possibile, sul fronte occidentale di terra e come soldato semplice qualora fosse richiesto». Il messaggio e il suo autore vengono presi sul serio, l´ammiraglio era conosciuto a Londra, da giovane si era distinto nelle operazioni militari nell´Artico e aveva poi combattuto con ardimento nella guerra russo-giapponese prima di distinguersi nelle capacità organizzative all´ammiragliato di Pietrogrado. A 44 anni, nel 1916, nominato vice ammiraglio, gli era stata affidata la flotta del Mar Nero. Dopo la rivoluzione e soprattutto dopo il voltafaccia del governo sovietico, Kolcak sentiva il dovere di lealtà nei confronti degli ex Alleati occidentali della Russia. La sincerità della sua motivazione non venne mai messa in discussione e il 29 dicembre 1917 la sua offerta fu formalmente accettata anche se – nella ricostruzione di Fleming – a Whitehall nessuno sapeva esattamente cosa fargli fare. All´inizio del 1918 Kolcak viene spostato come un jolly senza ruolo su vari fronti del mondo, Mesopotamia, Hong Kong, Singapore, fino a quando viene convocato a Pechino per un consulto sulla Siberia. I suoi spostamenti rivelano un “grande gioco” che soggiace alla guerra dove gli interessi commerciali inglesi si intrecciano con le operazioni militari e il confuso intervento dei contingenti inglese-francese-americano in Siberia per sostenere l´Armata Bianca. Il diligentissimo resoconto di Fleming è storia, thriller, reportage, mémoir. Si può leggere per capire il passato e provare a leggere il presente, pur sapendo che da quelle parti tutto è sempre un enigma.
Il destino dell’ammiraglio Kolčak
L’epica lotta fra le armate dei Bianchi zaristi e i Rossi bolscevichi nella Russia dilaniata dalla Rivoluzione d’Ottobre. Con la maestria dello storico e gli occhi del viaggiatore che aveva conosciuto i luoghi estremi della Russia orientale, Fleming guida il lettore attraverso gli alterni destini dell’esercito contro-rivoluzionario, fino alla sua definitiva sconfitta. L’ammiraglio Kolčak, figura severa ed enigmatica, viene tratteggiato con maestria da Fleming, che ne narra la catabasi da Comandante Supremo della Russia fino alla sua cattura e alla fucilazione da parte dei Bolscevichi. L’affresco umano e tragico della più devastante fra le guerre civili del Novecento.
Introduzione di Alessandro Colombo
Traduzione di Fabrizio Bagatti
Pagine: 320 con illustrazioni
