Nella Bretagna dei destini incrociati
di Simone Innocenti – “La Lettura” Corriere della Sera – 27 Aprile 2025
C’è un triangolo amoroso pieno di sensi di colpa e di esercizio di potere. Poi c`è un mare francese che è quello bretone, un mare immerso «nello spessore profumato dell`aria». Infine c`è un microcosmo – molto borghese – che fa da quinta sentimentale a una storia narrata in maniera morbosa. La costa selvaggia (edito da Medhelan) è l`unico romanzo di Jean-René Hu- guenin, scrittore francese che nel 1962, a soli 26 anni, perde la vita in un incidente stradale. Pubblicata in Francia due anni prima, questa storia fa breccia nell`ambiente culturale dell`epoca contrassegnata da una verve culturale enorme: esistenzialisti, «ussari» e autori del Nouveau roman. Eppure per uno strano paradosso -smentito filologicamente nella prefa- incrocia perfettamente quei tre movimenti culturali: Olivier, esistenzialista cupo, dai pensie- ri al limite della provocazione tipica degli «ussari» («Soffro di non essere Dio») , ha una sorella della quale è innamorato. Come fosse un compiuto personaggio femminile uscito dalla penna di Piene Drieu La Rochelle, Anne è una giovane consapevole: il punto è che a volte sbanda tra questa passione e quella per Pierre, suo promesso sposo e amico del fratello, che in alcuni tratti ricorda – a sua volta – una figura alla Lucien Rebatet, l`autore collaborazionista de I due stendardi. E in una Bretagna affrescata magnificamente da Huguenin, carica di bellezza e di pericolo, che fratello e sorella fanno ritorno: passano l`estate nella casa di famiglia assieme alla madre ormai vedova, alla sorella maggiore Berthe e a un nugolo di amici storici. In quest`estate dove la sessualità è sempre presente ma mai compiuta, il rapporto morboso e anomalo tra Anne e Olivier diventa il motivo di cupezza e di libertà, di grande riflessione e di estrema ribellione proprio rispetto all`ambiente borghese. «Ti sto per dire un gran segreto, mamma; sto per dirti il segreto di tutte le menzogne. (…) Ascolta: si prova ciò che si vuole», scrive non a caso l`autore francese. Che porta avanti la vicenda compreso il rapporto alterno tra Olivier e l`amico Piene, «egoista che non si ama» – attraverso pagine brevi e con un punto di vista – sempre per paradosso – accostabile a quello del Nouveau roman: la struttura stessa de La costa selvaggia, se analizzata da un punto di vista puramente formale, si nutre dello sguardo uardo che caratterizzò quel movimento. Ma in Huguenin qui sta la sua bellezza – la realtà non viene solo fotografata, ma rimane impressionata da una sensibilità autoriale che genera uno stile di grande arditezza e di lancinante sensibilità. I continui cambi di modi e tempi verbali nella solita frase, le frasi che si interrompono per poi riunirsi 5 righe dopo, il continuo sbattere della fantasia amorosa nella realtà borghese vissuta nella natura bretone sono il segno più efficace di un autore che ha scritto un romanzo vivo e incandescente: esce da qualsiasi rotta letteraria e approda, nel finale, a più di una possibilità. RIPRODUZIONE RISERVATA
La costa selvaggia
«Scende la sera, il mare si ritira. Una barchetta blu che poco fa ancora fluttuava giace ora di lato. Vicino all’acqua delle pulci di mare brulicano e saltano. Una barca per la pesca alle sardine rientra in porto. Delle famiglie si agitano nella sabbia, qualche bambino si attarda dietro di loro, la testa ancora rivolta verso il mare». È il mare della costa bretone, ora placido e rassicurante, ora travolgente e lunare,
a fare da sfondo all’unico romanzo di Jean-René Huguenin, giovane promessa della letteratura francese, morto in un tragico incidente stradale nel 1962, a soli 26 anni. Il mare è lo specchio dell’anima dei due protagonisti Olivier ed Anne, fratello e sorella, uniti dai ricordi di una giovinezza che sfuma in un futuro oscuro, fatto di distanze e sradicamento. La Bretagna non va mai via, coi suoi calvari agli incroci delle strade, le barche e le chiese silenziose, ma Olivier non riesce ad immaginare la sua vita lontano dalla sorella, destinata a sposare il suo migliore amico, Pierre. La vicenda di un’estate, fatta di ritorni e separazioni, diventa occasione per indagare i tormenti di una generazione cresciuta troppo in fretta, già sazia di futuro, incapace di trovare un senso alla vita adulta che vada oltre i ricordi e le assolate nostalgie. Huguenin travolge nella sua prosa al di fuori degli schemi, fresca ed erotica allo stesso tempo, prende per mano il lettore e gli fa riscoprire l’innocente cinismo della giovinezza che non vuol finire e la fragile bellezza degli istanti eterni e perduti: «poi non udrà più niente, l’odore stesso del mare sparirà, tutta l’estate rifluirà in fondo alla sua memoria. Allora il deserto, il silenzio, il freddo che lo soffocheranno, somiglieranno a quelli che già sentiva spuntare nel cuore delle calde e turbolente giornate di agosto, quando l’acqua del bagno gli pareva più fredda del giorno prima, il sole più pallido, le foglie meno verdi, i giorni meno lunghi, e immaginava il momento in cui sull’oceano imbiancato, sulle ville chiuse, sulla spiaggia dove si sarebbero mossi ormai soltanto gli anelli del portico abbandonato, avrebbe regnato l’inverno bretone».
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Traduzione e prefazione di Marco Settimini
Pagine: 160
Recensioni:
“Alias” Il Manifesto – Massimo Raffaeli
“La Lettura” Corriere della sera – Simone Innocenti
Doppiozero – Alice Figini
