Edizioni Medhelan

Saint-John Perse, l’Amaro che sprigiona mille sapori

di Alessandro Zaccuri – Avvenire – 5 luglio 2024

Intraducibile per definizione, a volte la poesia è intraducibile per davvero. Magari non nella sua interezza, ma nel singolo dettaglio. Che però in poesia può valere quanto l’intero. Sulla premessa che esistano «parole che d’uomo non sono parole» si fonda, del resto,
un’opera magnifica e impervia come Amers, il poema di Saint-John Perse del quale Nicola Muschitiello fornisce ora per la casa editrice Medhelan una versione nuova fin dal titolo, reso in Segni d’amaro approdo: due sostantivi e un aggettivo (con l’aggiunta di una preposizione, sia pure abbreviata) al posto dell’unico sostantivo dell’originale, che manifesta così la sua radicale intraducibilità. Seguiamo il ragionamento dello stesso Muschitiello: «Il sostantivo francese, che designa […] dei punti di orientamento della costa, contiene il plurale di “mare” (mers) preceduto dalla particella a: come se in italiano potessimo dir gli “ammari; o gli “amari” […] Amers (che come aggettivo è il plurale di amer, “amaro”), come sostantivo, nel francese antico, è il plurale di amer nel significato di “amarezza; afflizione, tristezza; in tempi meno lontani, il sostantivo poteva indicare il fiele di certi animali, di pesci specialmente, ma anche altre cose amare; e ancora potrebbe significare l'”amaro”». A conti fatti, la soluzione dei due sostantivi e un aggettivo risulta addirittura parsimoniosa rispetto alla complessità del termine di partenza.

Una riflessione analoga si potrebbe fare a proposito del nom de plume scelto dal poeta che, all’anagrafe, portava il nome di Alexis Léger (1887-1975). Saint-John rimanda a uno dei due san Giovanni, non si sa se il Battista o il quarto Evangelista, ma è anche la denominazione di un’isola delle Antille e, in quanto tale, rinvia a un esotismo adombrato pure nello pseudo-cognome Perse, a sua allusivo del poeta latino Perseo o dell’albero sacro a Iside, oppure a qualche altro arcano. A meno che il gioco non prenda le mosse dalle generalità dello scrittore britannico Percy Bolingbroke St John, del quale il poliglotta Léger poteva aver avuto cognizione fin dall’infanzia. Stiamo procedendo per catalogazione e accumulo, ma forse non c’è altro modo per accostarsi a Saint John Perse, premio Nobel per la letteratura nel 1960 ed esponente inarrivabile di una particolare tipologia letteraria, quella del diplomatico-poeta, che in ambito francese comprende almeno altri due esemplari illustri, Paul Claudel e Paul Valéry. Amers, del 1957, è il maggiore dei poemi di Saint-John Perse, per quanto non il più conosciuto. Il primato, in questo senso, spetta ad Anabasi del 1924, composto in un romitorio taoista non distante da Pechino e subito ammirato da altri grandi poeti che vollero tradurlo nella propria lingua (tra gli altri, T.S. Eliot in inglese e Giuseppe Ungaretti in italiano). Anabasi segna veramente la nascita di Saint-John
Perse, e non solo perché in questa occasione viene inaugurato l’uso del sofisticato pseudonimo. Più in profondità, è con questi versi – contemplazione ed evocazione di un Oriente inteso come irraggiungibile Altrove – che Saint-John Perse imprime alla sua immaginazione l’andamento processionale destinato a culminare nell’impresa di Segni d’amaro approdo. E in virtù di questo furore elencatorio che la sua opera si colloca in una dimensione di tempestiva classicità: consapevolmente radicata nelle contraddizioni del Novecento, la poesia di Saint-John Perse parla la stessa lingua di Omero e dei Veda, dell’epica ancestrale e della sapienza mistica. Nel panorama del secolo scorso, solo l’Odissea di Nikos Kazantzakis riesce a compiere un uguale prodigio di ribellione alla Storia nell’adesione alla contemporaneità. Non è un caso, in questo senso, che la produzione di Kazantzakis, Odissea compresa, sia uno degli elementi portanti del catalogo di Crocetti, lo stesso editore presso il quale sono disponibili le traduzioni di Anabasi e dei Poemi provenzali di Saint-John Perse curate da Giorgio Cittadini. Ma non andranno trascurate, tra le uscite più recenti, le Lettere alla madre dalla Cina e la miscellanea di L’ossessione celeste proposte da Medusa.
Se per molto tempo la conoscenza di SaintJohn Perse è stata mediata dal lavoro di traduzione condotto negli anni Sessanta da Romeo Lucchese, con Segni d’amaro approdo prende il via un ulteriore progetto, del quale Muschitiello rende conto nell’ampia introduzione al volume (la postfazione, non meno illuminante, reca la firma di Alessandro Rivali). In attesa che Medhelan porti in libreria la sua nuova versione di un altro dei testi capitali di SaintJohn Perse, Venti del 1946, Muschitiello ci permette di entrare nel laboratorio di un autore «non tanto letto ma studiatissimo», dal cui canto scaturisce la visione di un mondo sontuoso e spietato.
Non si corresse il rischio di essere fraintesi, si sarebbe tentati di definire Saint-John Perse come un poeta d’avventura. Il lettore di Segni d’amaro approdo, in particolare, è invitato a mettersi in una disposizione d’animo non troppo diversa da quella con la quale si affronta Il Signore degli Anelli di Tolkien o la maratona televisiva del Trono di Spade. Sulle rive di un oceano irrevocabil, sorgono città e cadono imperi, le nobildonne sostano su terrazze ventose e le profetesse guidano il coro delle vergini consacrate. Tutto è solenne e fuori dal tempo, tutto appartiene al sentimento interiore di un’umanità capace di violare i limiti imposti dal visibile. Anche l’amore è un cimento spirituale, annuncio di una riconciliazione degli opposti che contiene in sé i misteri del cosmo. Ma a questo punto è meglio fermarsi: intraducibile all’occorrenza, la poesia non può mai essere mortificata in un riassunto. Altrimenti non sarebbe più un’avventura, una sfida, un’impresa. Non sarebbe più poesia.

Segni d’amaro approdo

30,00 

La poesia (non solo quella di Perse) non chiede di essere compresa con la mente sola, ma di essere “compresa”, nella sua incerta totalità, usando la rete a strascico di intuizione, divinazione dei suoni, immaginazione, cultura e, certo, di intelligenza. Poeta “atlantico”, com’egli si sentiva, nativo che era di un’isola della Guadalupa, Perse non voleva che ci si accostasse alla sua poesia obbedendo a una “tendenza razionalistica”; ma dell’intelligenza (che è, letteralmente, un legger “dentro” o “fra” le linee del testo) abbiamo bisogno; e se lui si è voluto assimilare all’Oscuro (l’Eraclito che è adombrato in Amers), dobbiamo riconoscergli che…

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