Amori e sogni della generazione ponte del Perù
di Franco Avicolli – Il Sole 24 Ore – 6 Ottobre 2024
Perché si comprenda meglio», scrive Pedro Cieza de León nella Crónica del Perù (1553), «dico che questa terra del Perù consta di tre cordigliere o montagne deserte dove gli uomini non potrebbero vivere innessun modo». È il territorio montano e inospitale dal quale gli inca hanno dominato la regione che va dall`Equador fino al Cile e all`Argentina di oggi e il riferimento è un`utile chiave di lettura per avere un`idea della contrapposizione storicizzata dai conquistadores insediatisi sulla costa, gli uni e gli altri diversi nel tempo e nei luoghi, infine, nel dato ultimo della separazione tra passato delle culture native e presente degli uomini arrivati a cavallo, tra ruolo e destini delle popolazioni della montagna e quelle della costa, tra i cho los andini e l`oligarchia urbana, limegna, in primo luogo. Fra i molti effetti, la Conquista sancisce una frattura storica che accentua le differenze e i contrasti fino a determinarevuotiprofondi fra l`una e l`altra appartenenza, una distanza fra le parti che diventa cifradiriferimento, spazio in cui si accavallano tempi biologici e storici, più cronaca, constatazione che analisi, più memoria della violenza avvenuta che premessa di riscatto possibile e necessario. È distanza/differenza incolmabile per Vargas Llosa che porta il lettore nei limiti di una visione ancestrale sommersa dalla grettezza e dalle chiusure ambientali e del passato, con incrostazioni che riportano alle deità ctoniche, spesso origine di comportamenti tanto brutali quanto irrazionali e, comunque, fenomenologia del contrasto tra la cultura comunitaria della montagna espropriata culturalmente ed economicamente dallo “straniero”, un tempo conquistador, ora Ceno de Pasco, rinnovata sostanz a di interessi che travolgono dignità e destini, come narrano le epopee di Manuel Scorza collegate a un progetto di redenzione dei nativi, voglia di una identità perduta messa alle corde, soffocante per il poeta César Vallejo, reattiva, per Arguedas, studioso attento di quel mondo nel quale entra, infine, José Carlos Mariàtegui con il fondamentale gesto di chiarezza dei suoi Sette saggi di interpretazione della realtà peruviana (1928). Il romanzo di Arturo Bryce Echenique, Non aspettatemi ad aprile, pur nell`eco dei motivi del Perù, non si concede alla conflittualità del suo mondo nel quale, invece, si gira e rigira, anche a lungo, tocca le idiosincrasie diffuse e l`inconsistenza di un`oligarchia intesa come classe che non ha più ragione d`essere, intenta a riprodurre sé stessa su un canovaccio esterofilo dal volto inglese affidato alle cure del collegio saint Paul o san Pablo «il più esclusivo e anacronistico del Perù, il più lontano dalla realtà nazionale…», creato per formare la classe dirigente. Per i genitori, che perseguono insistentemente la nascita del centro formativo, educare significa ribadire le differenze sociali, tener ben separata la montagna dalla città. Sulla vicenda e sugli studi, dichiara candidamente l`autore, «nessuno mandò tanto affanculo la monarchia inglese, la Citylondinese. Shakespeare, Milton… quanto la futura classe dirigente del Perù», con un approccio tanto svagato che distaccato ed ironico con la realtà nazionale. Alla quale egli guarda dall`interno urbano, limegno, tra gli anni 3o e 90 del secolo scorso, con riferimenti politici e personaggi come Velasco Alvarado, ma anche con figure letterarie dalla foggia di Adan Quispe, un cholo che sogna di redimere sé e i suoi simili emigrando negli Usa e nell`eco mitologico del popolo che «vincerà attraverso i sogni». Lo scritto- re conduce il lettore in una atmosfera dove a volte pare di ritrovarsi attorno a un fuoco, quasi nell`illusione di una oralità narrativa popolare, cara anche a Julio Cortàzar. Nei comportamenti della giovane generazione destinata a diventare classe dirigente, accompagna il progressivo sfaldarsi dell`oligarchia che si ripropone con un progetto formativo nella traccia segnalata da Ricardo Palma, autore di un famoso Tradizioni peruviane in cui questa classe dirigente del Perù, è più autenticamente definita erede «di ciò che avevano ereditato i loro genitori e di ciò che avrebbero ereditato i loro figli», la cosiddetta “generazione ponte”, in realtà, oligarchia imbalsamata. Il filo conduttore si dipana con la storia d`amore fra Manongo Sterne e Tere Mancini, due giovani rampolli della b orghesia locale, alla quale fa da contraltare, seppur breve, ma a guisa di un sasso scagliato nella quiete dello stagno, la storia d`amore tra Mr. J erome Owens e Vilma, direttore del collegio e lavandaia, l`inglese e la chola «che presto fecero il radicale ritorno allanatura, al Periipiù profondo… sulle montagne di Nazca, o meglio, da Nazca in su, fino a dove vivono gli indios…» come a far baluginare l`idea di una vita vera fuori delle regole. Manongo e Tere sono prigionieri del loro stesso progetto divita che non permette alla passione di costruire una storia all`esterno degli schemi e dei luoghi comuni invertiti dai film, dagli attori, merce di un mondo che nulla ha a che vedere con la realtà nativa. Tra deliri e scene grottesche, personaggi singolari e accattivanti nella loro crudezza, tra ironia e umore, canzoni popolari, film e attori nordamericani ed europei, Bryce Echenique costruire il discorso narrativo tra il filo logico e l`oscillare delle emozioni, per consegnare al lettore una suggestiva narrazione del «Paese con due tipi di problemi, quelli che non hanno soluzione e quelli che sirisolvono da soli». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Non aspettatemi ad aprile
Traduzione di Giuliana Calabrese
Pagine: 720
